sabato 20 febbraio 2010

Ho visto un Uomo.

Ho visto un Uomo.

Diciamo che l'ho intravisto.
Ho capito che doveva essere un Uomo perchè l'ho visto tra le pieghe della vita di una Donna che conosco, o almeno che mi illudo di aver conosciuta, ma che stimo, che rispetto e ammiro. Profondamente.
L'Uomo non lo conosco, ma qualcosa ha raggiunto il mio sguardo. Forse le cose che contano.

Giocavano a fare i ragazzini, ma erano indubbiamente una Donna e un Uomo.

Come si capisce se sono un Uomo e una Donna? Facile... Prendi i problemi di tutti i giorni, quelli veri, mica le cazzate delocalizzate e astratte che si sentono al Tg, cose tipo il lavoro, la tintoria, i mezzi pubblici, le mestruazioni, il meteo, ecc... Ecco prendi tutta questa roba e scricagliela addosso, se riescono a fare i conti con il mondo reale, a uscirne interi e comunque tendere a qualcos'altro, qualcosa di più, ecco forse lì vedrai un Uomo o una Donna.

Ovviamente non è solo questo.

Il loro status si capiva anche da altre cose. Sotto ai loro giochi scherzosi, maliziosi, allusivi celavano una complicità che andava oltre l'aspetto ludico. Un po' come fossero due spuntoni dello stesso pezzo di quarzo a cui venga applicata una leggera carica elettrica: vibravano nella stessa maniera, con la stessa pulsazione ritmica.
E quando riesci a fare una cosa del genere, probabilmente si diventa un Uomo e una Donna, non più un ragazzo e una ragazza.

L'Uomo e la Donna erano abbracciati, poi lei si è voltata un attimo verso di me con occhi gentili e ha mosso le labbra come per parlare, ma io non riuscivo a sentire cosa diceva. Le braccia dell'Uomo allora l'hanno stretta più forte, come se la stesse reggendo sul bordo di un precipizio e avesse paura che scivolasse di sotto.

Paura.
Un sentimento vecchio come la vita stessa, nato inizialmente proprio per conservarla e ora traslato alle cose che amiamo e da cui non vogliamo separarci.
Quell'Uomo per un attimo ha avuto paura.
E' qualcosa di umano, anche se irrazionale e irragionevole. O forse proprio per questo.

La Donna inizialmente fece una piccola smorfia di dolore per la stretta, ma sentendo che l'Uomo aveva bisogno di lei, si rigirò e appoggiò la testa sul petto di lui. Nel fare ciò gli mostrò il collo e la nuca in segno di sottomissione, perchè sapeva che di quello aveva bisogno l'Uomo: affermare il proprio ego su qualcosa di bello e grande, sentirsi proprietario di quella bellezza anche solo per un attimo.

Volevo essere felice per quelle due Persone e quegli occhi gentili che si erano rivolti a me per un attimo meritavano felicità. Quella felicità che l'Uomo poteva regalarle a patto di non stringere troppo sull'orlo di quel burrone immaginario e, alla fine, inesistente. E se la Donna gli offriva il collo forse la cosa migliore sarebbe stata non affondarci i denti, rinunciare al proprio ego per un attimo. Vedere il gesto, godere di quello e regalare tranquillità ad entrambi.

La felicità si sfiora sempre con la punta delle dita. Bisogna sempre allungare il braccio, magari qualcuno ti può avvicinare il barattolo, ma è come il paradosso di Achille e la tartaruga. Non servirà a molto ma è un bel gesto.

Non so se i denti di lui si siano stretti attorno alla carne di lei. Se l'Uomo abbia voluto sentire quel sapore metallico che sporca di rosso i denti e le labbra.

Mi sono vergognato di guardare oltre.
Innanzitutto perchè sono solo un ragazzo un po' cresciuto e c'è sempre un tavolo apposta per i piccoli, distante da quello dei grandi, alle feste.
Non sono ancora come quell'Uomo.

Lui è un Uomo, saprà qual'è la cosa giusta da fare. E anche non la facesse le donne sanno essere comprensive. Quella Donna saprà essere comprensiva, me lo sento. Lo spero.
Gli errori sono contemplati nelle regole del gioco, come lo sono le cicatrici lasciate dai denti. Hanno inventato tante parole per pentirsi poi e funzionano tutte su orecchie disposte ad accettarle.


As Your Life In Hell

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